Questionario Mifid: cos’è, come si compila e a cosa serve

27 Marzo 2024

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Il questionario MIFID non è pura formalità. Esso, infatti, permette all’investitore di verificare che l’intermediario consigli solo gli strumenti finanziari adatti agli obiettivi di investimento ed alla situazione personale dell’investitore.

Cos’è la MIFID

Il questionario MIFID consiste in una serie di domande che gli intermediari che svolgono attività di consulenza personalizzata devono somministrare periodicamente ai clienti. Si tratta, in breve, del recepimento in Italia della direttiva comunitaria nota come Markets in Financial Markets Directive, entrata in vigore il 1 novembre 2007 ed è tutt’ora valida.

Scopo della normativa è quello di tutelare maggiormente l’investitore contro i rischi insiti nel mercato finanziario. La norma prende spunto dai sistemi giuridici nord europei, particolarmente sensibili al tema. Il questionario riguarda i clienti degli intermediari che possono offrire il servizio di consulenza in strumenti finanziari.

Ecco, in breve, di chi si tratta:

  • banche
  • consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (ex promotori finanziari)
  • consulenti finanziari autonomi, o indipendenti
  • società di consulenza finanziaria (SCF).

Il punto cruciale è l’imprevedibilità del futuro andamento dei mercati. Pertanto l’investitore deve delimitare il proprio perimetro di rischio entro cui il consulente gli proporrà di investire. Lo scopo delle domande, infatti, è quello di permettere al consulente non di creare il portafoglio più redditizio in astratto, ma il mix che non esponga il cliente a rischi superiori a quelli che può sopportare, sia dal punto di vista psicologico sia economico.

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Domande ed obiettivi

L’obiettivo del questionario MIFID è rendere gli investitori consapevoli di ciò che fanno sui mercati. Ogni operazione suggerita, come vedremo, deve rispettare sia il grado di conoscenza del cliente sia essere adatta agli obiettivi di investimento ed alla situazione patrimoniale dello stesso.

Ecco, in sintesi, i punti chiave che la MIFID mette a fuoco:

  • i costi dei servizi offerti, compresa la quota degli oneri incassata dal consulente (inducements)
  • caratteristiche degli investimenti offerti in tema di rischio – rendimento
  • informazioni circa l’esecuzione degli ordini dei clienti (mercato di esecuzione, ecc)
  • adeguatezza dei consigli offerti in base agli obiettivi dell’investitore e al rischio sopportato
  • preferenze in materia di ESG
  • presenza e gestione dei conflitti di interesse tra banca e cliente.

Le domande, invece, riguardano aspetti della vita personale e finanziaria dell’investitore. Oltre a ciò mirano a conoscere gli obiettivi di investimento del soggetto e la sua tolleranza ai rischi. Ecco, a titolo di esempio, i quesiti cui si deve rispondere:

  • Età
  • professione
  • livello di istruzione
  • conoscenza dei mercati (frequenza di aggiornamento sul loro andamento, conoscenza degli strumenti finanziari, ecc.)
  • operatività passata (numero di operazioni eseguite, prodotti coinvolti, conoscenza dei servizi di investimento e degli strumenti finanziari)
  • fonte principale di reddito
  • capacità di risparmio annua
  • presenza o assenza di debiti
  • consistenza patrimoniale
  • tipi di investimenti attualmente detenuti (immobili, azioni, fondi, ecc)
  • obiettivi di investimento
  • capacità di sopportare le perdite e atteggiamento di fronte a mercati ribassisti

Sezioni e principi

La MIFID si compone essenzialmente di due sezioni. La prima di esse serve a valutare l’appropriatezza di un certo strumento finanziario. Si tratta del requisito minimo che le banche devono soddisfare quando collocano un prodotto finanziario alla propria clientela.

Se, invece, i consigli rientrano all’interno di un contratto di consulenza occorre compilare anche la parte relativa all’adeguatezza. Questa, in breve, fa riferimento al fatto che le operazioni suggerite siano compatibili con la situazione economico-finanziaria del cliente, con i suoi obiettivi di investimento e con la tolleranza al rischio.

Mentre le banche possono operare come “collocatori”, ossia richiedere solo l’appropriatezza delle operazioni eseguite dai clienti, i consulenti finanziari autonomi e le SCF devono richiedere sempre l’adeguatezza che è più tutelante. Le operazioni non adeguate non possono essere consigliate.

Tipi di cliente

Il legislatore ha voluto catalogare gli investitori in due macro classi:

  • gli investitori al dettaglio (retail)
  • gli investitori professionali.

I primi sono quelli soggetti ad una maggiore tutela. Si tratta, infatti, di persone che non hanno una cultura finanziaria approfondita, che svolgono un altro lavoro e che si avvalgono dei consigli dell’intermediario per investire. I clienti professionali, al contrario, godono di una tutela minore essendo sufficientemente preparati per comprendere ciò in cui investono.

Tutela del cliente

Per proteggere gli investitori dai rischi dei mercati e dal comportamento scorretto degli intermediari la normativa prevede tre linee guida. I consulenti finanziari, le banche e le SCF devono agire in modo onesto, professionale e trasparente. Essi, inoltre, devono fornire ai clienti tutte le informazioni utili in modo imparziale e non fuorviante, ai fini di una scelta corretta. Per concludere la situazione personale del cliente va tenuta nella massima considerazione.

Come si compila il questionario

Obiettivi di investimento

Il cliente deve essere consapevole dei rischi che si sta assumendo. A tal fine è importante definire il proprio livello di tolleranza al rischio ed esplicitare cosa ci si attende dall’evoluzione futura del proprio patrimonio. Serve, inoltre, conoscere le motivazioni che spingono il soggetto ad investire e la finestra temporale entro cui userà le somme impiegate.

Situazione finanziaria e reddituale

La presenza di un reddito alto e di una elevata capacità di risparmio influiscono positivamente sui rischi sopportabili. La presenza di investimenti pregressi “sicuri” rende più tollerabili impieghi finanziari più arditi e viceversa.

Conoscenza in materia di investimenti

Tanto più approfondita è la conoscenza dei prodotti e dei mercati, tanto maggiore è il rischio accettabile. Una scarsa conoscenza, al contrario, implica paura irrazionale durante le fasi negative, con conseguente comportamento gregario e perdita delle somme investite.

Conseguenze dell’errata compilazione

Alcuni intermediari fanno passare la compilazione del questionario come una pura formalità. Ad esempio alcuni disonesti propongono un tabulato precompilato, che prevede una elevata tolleranza ai rischi. “In questo modo non avremo limiti alle operazioni che potremo fare” è la scusa adottata. La verità è che in questo modo si solleva l’intermediario dalla responsabilità di aver suggerito prodotti effettivamente non adatti alla situazione del cliente.

Al contrario risposte troppo “prudenti” rispetto alla situazione reale comportano il blocco di tutti quegli investimenti che in apparenza risultano non adeguati alla situazione dell’investitore. È utile ricordare, infine, che il questionario va periodicamente rivisto ed aggiornato.

Chi ha dubbi sulla effettiva utilità dello stesso, alla luce delle risposte fornite, potrà agevolmente ricompilarlo in qualsiasi momento.

I nostri consigli

Nei servizi di consulenza indipendente che offriamo, tramite Bert Consulting SCF, diamo molta importanza alla corretta compilazione del questionario. Esso, in particolare, non deve essere condizionato né dall’emotività, né dalla situazione contingente dei mercati, né dalla previsione circa il futuro andamento delle quotazioni.

Al contrario il formulario dovrebbe riflettere in modo il più possibile veritiero i nostri obiettivi di investimento, la nostra reazione ad eventi incerti e la nostra tolleranza al rischio.

Per questo siamo qui…

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Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari