Asset allocation: come costruire un buon portafoglio per il 2022

4 Marzo 2022

asset allocation consigliata 2022

Asset allocation: spieghiamo cos’è, ma soprattutto perché è così importante e vediamo quale è la strategia consigliata per il turbolento 2022.

Cosa si intende per asset allocation?

Una corretta asset allocation svolge un ruolo fondamentale nel processo di gestione di un portafoglio di investimenti, ma perché è così importante?

Cominciamo dalle basi: le asset class. Un’ asset class, o classe di attivo, è una categoria di investimenti che hanno delle caratteristiche in comune (in termini di rischio-rendimento) e che si comportano in modo similare rispetto a determinati eventi di mercato.

Esse si posizionano all’interno di una scala che va da quelle a basso rischio-basso rendimento atteso (come ad esempio i titoli di stato a breve termine) a quelle ad alto rischio-alto rendimento atteso come le azioni o alcuni investimenti alternativi (oggi il Bitcoin più di tutti rappresenta questa tipologia).

Una volta individuato un numero adeguato di asset class, ovvero di selezione degli strumenti adeguati al nostro obiettivo d’investimento, si passa al processo di costruzione di un asset allocation. Questo altro non è che l’assegnazione di un determinato peso alle diverse classi di attivo selezionate in precedenza.

Come spesso ripetiamo, l’obiettivo principe di questa fase è scegliere dei pesi che siano coerenti con la reale tolleranza al rischio dell’investitore. Sovrastimare quest’ultima porta spesso a risultati disastrosi.

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Quali sono i fattori di rischio nel 2022?

Per definire una strategia d’investimento nel 2022 sarà fondamentale comprendere l’approccio delle banche centrali e gli sviluppi dell’inflazione.

La Fed, in breve, dovrebbe innalzare i tassi entro la fine del 2022, per poi continuare con quattro altri interventi nel 2023. Inoltre, l’adozione da parte della banca centrale di un approccio più “simmetrico” all’inflation targeting e l’accettazione di un superamento temporaneo del tasso di inflazione obiettivo, favoriscono un percorso misurato verso la normalizzazione della politica monetaria.

Per ciò che concerne il carovita, gli esperti di Credit Suisse prevedono che si attesterà al 3,7% nel 2022, con ampie disparità fra i vari Paesi. Questo scenario implicherebbe che un’eccessiva liquidità all’interno dei portafogli sarebbe da evitare, dato che il potere d’acquisto potrebbe venire rapidamente decurtato.

Lo stesso vale in generale per le attività nominali come le obbligazioni, che corrispondono un interesse fisso e alla scadenza rimborsano l’importo investito al lordo dell’inflazione. Le prospettive sono migliori per gli investimenti finanziari che reagiscono positivamente all’aumento dei prezzi. Normalmente queste classi sono le azioni che hanno dimostrato di battere il 100% delle volte l’inflazione nel corso della loro storia, e i metalli preziosi (oro e argento in primis).

Ciò che importa davvero, riguardo all’asset allocation è il “profilo di rendimento”. Ciò determina l’asset allocation tattica, di breve periodo, e dipende da diversi fattori. Ognuno di essi risponde diversamente all’andamento del ciclo economico. Difatti, ci sono momenti storici in cui saranno premiate le azioni, in altri le obbligazioni, le materie prime o più semplicemente l’oro. Detenere la giusta proporzione di tutte queste classi di attivo permette di avere un’asset allocation “anticiclica”. Essa sarà capace cioè di cavalcare tutti gli scenari plausibili di mercato.

Mercati emergenti: una buona occasione da cogliere?

L’inizio del 2022 per i mercati finanziari globali è stato all’insegna della volatilità, con le strategie degli investitori condizionate da un viavai (spesso contrapposte) delle notizie sulla pandemia, sull’escalation della crisi in Ucraina, sul nuovo corso rialzista della politica monetaria delle principali Banche centrali.

Non di meno, le scelte su cosa mettere in portafoglio hanno iniziato a riflettere sempre di più le preoccupazioni (soprattutto per i consumatori) per la perdita del potere di acquisto causata dalla fiammata dell’inflazione e, più in generale, il rallentamento accusato dalla ripresa economica.

La guerra in Ucraina rende incerta la determinazione dei prezzi dei paesi in via di sviluppo, date le potenziali implicazioni per la fornitura di gas (ed in generale di materie prime). Nel frattempo, in Turchia un approccio politico discutibile sta portando il Paese sull’orlo dell’ennesima crisi. Alcuni Paesi, come il Sudafrica, continueranno ad affrontare sfide sul fronte della crescita. Per non parlare di alcuni mercati ad alto rendimento, come Etiopia e Sri Lanka, che potrebbero dover affrontare una ristrutturazione del debito nel corso di quest’anno.

Non si può nemmeno trascurare il quadro politico di alcuni Paesi, come Perù e Cile. Resta confusa la risposta politica del Governo cinese alle problematiche del settore immobiliare, dopo la vicenda Evergrande.

Da questo punto di vista gli emergenti sembrano essere una scelta sub ottimale. Il punto è che non c’è un buon momento (nel vero senso del termine) per investire nei paesi in via di sviluppo. Quest’ultimi, infatti, proprio per la loro struttura “nascente” avranno sempre davanti a sé grandi rischi, ma anche prospettive di crescita molto alte.

Se attentamente ponderati all’interno della propria asset allocation, il rischio verrà calmierato dalla diversificazione stessa, non solo tra i vari Paesi, ma anche dalle altre classi di attivo (più o meno correlate con esse).

Quale può essere, ad esempio, un asset capace di dare stabilità ad un portafoglio? Sicuramente l’argento!

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Argento: perché averlo può rivelarsi vincente

L’argento costa meno di altri beni rifugio principalmente a causa della sua maggiore disponibilità. Secondo il World Gold Council, nel corso della storia, sono stati estratti quasi 1,74 milioni di tonnellate metriche di argento contro 198.000 tonnellate metriche di oro.

Il prezzo inferiore dell’argento è accompagnato da molti degli stessi vantaggi che si hanno acquistando oro o altri metalli preziosi. Ecco di che si tratta:

  • Proprio come l’oro, l’argento funge da riserva di valore. Il suo ruolo di bene rifugio è stato ben visibile nelle ultime sedute di borsa, durante l’inizio dei conflitti.
  • Come l’oro, l’argento è una moneta che non può essere creata dal nulla (e quindi sul lungo periodo tende a conservare il suo potere d’acquisto), a differenza delle valute fiat.
  • Infine, l’argento (soprattutto se detenuto fisicamente) non ha rischio di controparte, dunque, non subisce default.

Il metallo non è solo un prezioso. Esso, infatti, è largamente usato nell’industria. Basti pensare al largo impiego nel settore dell’automotive (soprattutto elettrico). È un buon conduttore elettrico e termico e viene utilizzato per le attrezzature scientifiche nel settore high-tech, come ad esempio i pannelli solari.

Esso, infine, viene impiegato per applicazioni in ambito medico, nel settore delle energie rinnovabili, nelle batterie e in altri campi. Ciò fa presumere che in futuro l’argento vedrà un incremento sempre maggiore della sua domanda a scopo industriale.

Obbligazioni si, ma da maneggiare con cura

Il 2022 potrebbe rivelarsi un anno difficile per gli investitori obbligazionari per il perseverare dell’inflazione, la stretta fiscale e monetaria, l’aumento dei tassi e l’appiattimento delle curve dei rendimenti. Tuttavia un’adeguata distinzione e selezione tra i titoli può comunque offrire buone possibilità di rendimento mitigando il rischio.

Con la riapertura delle economie nel 2021 la domanda inespressa ha generato un’espansione globale sostenuta. Di conseguenza, i mercati sviluppati stanno crescendo molto più rapidamente rispetto a prima della pandemia, causando un rafforzamento dell’inflazione. In risposta al carovita ostinatamente elevato le banche centrali mondiali stanno optando per una politica più restrittiva. Questo cambio di passo non è uniforme, perché gli orientamenti politici e la gravità dello shock inflazionistico differiscono da un Paese all’altro.

Nel corso dell’anno la stretta delle politiche economiche mondiali provocherà probabilmente una decelerazione della crescita globale. È probabile che si assisterà ad un aumento dei tassi a breve termine con un ritmo più rapido rispetto ai tassi a lungo, creando un appiattimento della curva dei rendimenti. Questo fenomeno impone una certa cautela.

Quali obbligazioni preferire? Da quali stare alla larga?

Certamente i Titoli di Stato indicizzati all’inflazione sono da prediligere. L’imperante aumento del costo della vita, il cambio di regime sulle politiche monetarie da parte delle banche centrali, infatti, non lascia molta scelta.

Le obbligazioni corporate (soprattutto se High Yield) sono una buona scelta per aumentare il rendimento del portafoglio obbligazionario. A causa del rischio elevato, però, l’approccio dovrà essere selettivo. Meglio prediligere un fondo passivo (ETF) ben diversificato per numero di emittenti per evitare di incappare in default.

Un’altra buona scelta sono i titoli di Stato emessi dai Paesi Emergenti. La situazione attuale può apparire come un deterrente per questi ultimi a causa della questione russa. Questa, tuttavia, ha un peso poco rilevante all’interno della classe di attivo, coprendo appena il 3% del totale.

I rischi maggiori, probabilmente, sono a carico dei titoli a tasso fisso con scadenze elevate. Un aumento dei tassi, in breve, incastrerebbe l’investitore in obbligazioni con un rendimento inferiore a quello di mercato, dai quale potrebbe uscirne solo vendendo il titolo in perdita.

Nel complesso il 2022 ha tutte le carte in tavole per essere un anno difficile, ma una buona asset allocation attentamente ponderata capace di calmierare i rischi attraverso la diversificazione, ma anche attraverso la selezione dei comparti migliori, permetterà di affrontare serenamente l’incognita del futuro.

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