Price Earning: come usarlo nelle scelte di investimento

5 Gennaio 2018

price earning

Il Price Earning Ratio (o P/E) è il rapporto tra il prezzo corrente di un’azione, o un indice azionario, e l’utile prodotto da quella stessa società o dall’indice nel suo insieme.

Articolo aggiornato il 22 settembre 2021

Price earning, cos’è e come si calcola

Il P/E non è un indice finanziario di tipo predittivo, ossia non serve per cercare di prevedere il futuro andamento di un mercato finanziario. Esso  è una sorta di termometro che serve a valutare la temperatura di un mercato o di un’azione per valutarne il livello di economicità o di sopravvalutazione.

In breve il rapporto prezzo/utili misura gli anni necessari affinché la somma spesa per comprare un titolo ritorni in forma liquida attraverso gli utili realizzati. Stessa cosa se si tratta di un indice finanziario.

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Due modi per calcolare il Price Earning

E’ possibile calcolare il Price Earning (o il P/U, prezzo/utili, per dirla all’italiana)  in due modi diversi. Il primo di essi è detto storico, mentre il secondo prospettico.

Il price earning storico

Si calcola rapportando l’ultima quotazione di un’azione o di un indice al valore dell’utile desumibile dall‘ultimo bilancio. Se si tratta di un indice, invece, al denominatore avremo la somma degli utili pagati dalle società che formano lo stesso.

Per evitare distorsioni legate ad un anno specifico, molto positivo o molto negativo, è raccomandato calcolare il rapporto Prezzo/Utili usando la media degli utili degli ultimi 3 o 5 anni. Ciò eliminerà gli effetti legati alla stagionalità. Un altro tentativo di eliminare l’effetto della ciclicità sull’indicatore è offerto dal CAPE di Shiller.

Il P/E prospettico o forward

Molti analisti determinano il ratio price earning basandosi sull’utile atteso per il prossimo anno. Anche i report di Morgan Stanley sugli indici azionari fanno altrettanto. Sebbene in teoria l’approccio sia migliore, poiché guarda al futuro, nella pratica esso pone il problema della correttezza delle stime.

Qualora, infatti, gli utili effettivi divergessero da quelli ipotizzati il rapporto Prezzo/Utili sarebbe sbagliato. Ne consegue che le decisioni di investimento prese sarebbero fuorvianti.

Come usare il rapporto Prezzo Utili

Il Price Earning non ha alcun valore previsionale. Alcune società, o interi indici, con un valore alto del P/E negli anni seguenti hanno continuato a crescere e viceversa.

Il guru Ken Fisher è Particolarmente scettico in merito all’utilità del rapporto prezzo/utili. Altri esperti, come Benjamin Graham e di Jeremy Siegel, invece, hanno dimostrato che il livello di prezzo al quale si compra un titolo ne determinerà il rendimento futuro.

Price Earning e titoli di valore

Graham sosteneva che occorrerebbe comprare le azioni come si acquista la verdura, ossia facendo attenzione al prezzo pagato, e non come si scelgono i profumi, basandosi sulla fragranza e non badando al prezzo. Siegel ha dimostrato che quando il PE è inferiore alla media di lungo periodo i rendimenti azionari nel decennio successivo saranno elevati. Al contrario gli investimenti effettuati in corrispondenza di elevati valori di PE nel decennio seguente saranno poco remunerativi.

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Se la scelta di titoli o indici basati sul basso rapporto Prezzo/Utili permette di aumentare il margine di sicurezza, riducendo i rischi di lungo periodo, non sempre i titoli “di valore” sono quelli più redditizi.

Price Earning e titoli di crescita

Gli investitori più aggressivi, che preferiscono le prospettive di guadagno alla sicurezza del capitale potranno preferire azioni o indici di crescita (growth). Questi ultimi sono espressi da un rapporto Price/Earning decisamente elevato e superiore, in molti casi, alle trenta unità.

Tuttavia l’acquisto di azioni o indici ad alto P/E va monitorato con attenzione. Una delusione sul fronte dei profitti, infatti, potrebbe portare ad un crollo più rapido delle quotazioni dei titoli growth rispetto ai più conservativi value.

Qual è il valore giusto del Price/Earning ratio?

Quando un P/E può dirsi elevato?

Esaminando l’evoluzione del ratio, nel corso di decine di anni, è possibile notare come esista un preciso valore al quale il P/E tende. Quando l’indice è cresciuto molto rispetto quel valore, negli anni seguenti si è tornati al punto medio e viceversa in caso di discesa, con ovvie ripercussioni sui rendimenti ottenuti. Secondo gli studi di Graham e di Siegel il valore storico del P/E di equilibrio è di 15.

Quanto deve contare il Price/Earning nelle tue scelte finanziarie? Scoprilo adesso.

Tieni però presente che a influenzare il Price Earning, per ammissione di entrambi gli studiosi, è il livello dei tassi di interesse pagato dalle obbligazioni. Tanto meno i bond rendono tanto maggiore sarà il P/E accettabile sul mercato azionario senza per questo cadere nella sua sopravvalutazione.

Un livello “equo” del Prezzo/Utili più corretto sembra essere intorno a 22. Questo livello, tuttavia, fu elaborato quando i tassi di interesse veleggiavano su valori più elevati di oggi. Applicando una regola di buon senso, basata sul livello dei tassi di interesse a dieci anni, possiamo ipotizzare un rapporto Prezzo/Utili di riferimento di 30-35.

Investire in ETF azionari quando il P/E è inferiore a 30-35 è un buon modo, in assenza di altri strumenti, per investire in modo consapevole i tuoi soldi evitando di entrare sui mercati in occasione di una bolla speculativa o comunque quando le quotazioni sono parecchio surriscaldate.

Price Earing Ratio: quattro cose da ricordare

  • il PE non ha valore previsionale, tuttavia gli investimenti effettuati quando i prezzi sono troppo elevati rispetto agli utili tendenzialmente renderanno poco negli anni futuri
  • il Price/Earning medio è compreso tra 15 e 22. Valori superiori a 25 indicano una possibile sopravvalutazione del mercato azionario. Contestualizza però i dati nel contesto attuale dei tassi di interesse e poni un valore limite di 30-35 dell’indicatore
  • se analizzi il prezzo di un’azione adopera l’utile medio degli ultimi 3 – 5 anni
  • il rapporto Prezzo/Utili è soggetto al ritorno in media. A periodi di palese sopravvalutazione seguiranno periodi di magra per i mercati. Al contrario quando il P/E è assurdamente basso è il momento di comprare massicciamente azioni.

Think different. Invest differently.

Giacomo Saver – CEO di Segreti Bancari

20 Commenti

  1. Nicola

    Cambiando discorso, avrei una cosa da chiederti. Sono stato fuori città per una settimana per lavoro e leggo oggi alcuni tuoi post precedenti. Un tuo lettore ha parlato di investimenti “Italy in USD” e ti sei complimentato con lui per l’ottima scelta. In termini pratici, quale titolo o titoli specifici dovrei sottoscrivere per cogliere questa opportunità? Ciao

  2. Filippo

    Questo indicatore ed altri una volta potevano anche essere interessanti per valutare quali aziende inserire in portafoglio. Oggi ha la validità nè più nè meno di una scelta fatta a caso. L’investimento a lungo termine è morto, il cassettista è destinato ad essere spolpato dallo speculatore.
    Compri magari le azioni di un’azienda solida, con dividendi corposi e regolari (tipo le utilities) ma il valore delle azioni crolla del 30%-40% e se sei fortunato ci metti 5-6 anni solo per tornare in pari.
    La borsa italiana è una scommessa dove il piccolo perde sempre, non è un investimento

  3. bob

    Concordo

    Troppa volatilità, investimenti che potrebbero sembrare buoni(vd ad esempio ultimamente ferragamo, o Luxottica) possono venire bastonate senza motivo, altre come Apple invece diventano un rifugio di liquidità nemmeno fossero una valuta di una nazione a tripla A…

    credo che o hai le spalle larghissime e voglia di aspettare anni, oppure l’analisi tecnica dovrebbe essere accorciata per periodi di poche settimane, con lunghi periodi di attesa

  4. Filippo

    Senza contare il fatto che lo stop loss non può proteggerti sempre.
    Se, come succede spesso ultimamente, decidono di far aprire un’azione in gap down tanti saluti, ti ingabbiano finchè ne hanno voglia

    no, sono sempre più convinto che con i mercati di oggi stare ore a studiare una società, leggere i suoi bilanci, prospettive ecc è tempo perso.

  5. Gianfranco

    Per l’investitore non professionale è senz’altro un grosso rischio basarsi solo sul P/E. Da solo dice molto poco, così come l’analisi dei bilanci, che per chi non dispone di “informazioni qualificate” è insufficiente a fornire indicazioni adeguate sulle prospettive future dell’azienda. Cmq Giacomo, restando in tema, vorrei chiederti cosa ne pensi degli equity income funds (vedi ad es. Blackrock).
    Un caro saluto

  6. Giacomo

    @ Filippo
    Hai toccato un tasto molto delicato:

    “Se, come succede spesso ultimamente, decidono di far aprire un’azione in gap down tanti saluti, ti ingabbiano finchè ne hanno voglia”

    In effetti la possibilità che un titolo apra ad un valore inferiore allo stop loss è un problema reale. I prezzi non si muovono sempre seguendo una linea continua, ma a volte ‘saltano’ vanificando l’utilità degli stop loss. Ad esempio immaginiamo di aver messo uno stop loss a -10% che corrisponde ad un prezzo di vendita di 8 euro.

    Se l’azione corrispondente apre a 7 euro la perdita che subiremo sarà superiore rispetto allo stop che ci eravamo prefissati. Il primo prezzo cui potremo rivenderla, infatti, sarà 7 e non 8 euro. Per questo motivo è meglio utilizzare ETF su indici invece che acquistare singole azioni. Gli indici di borsa saltano meno dei singoli titoli e un gap down è più improbabile.

  7. Giacomo

    @ Gianfranco
    La strategia Equity Income è in effetti più difensiva (in alcuni momenti di mercato). Ma se allunghiamo maggiormente l’orizzonte temporale non è così scontato che le società che pagano alti dividendi performino meglio delle altre globalmente considerate.

    Tieni anche presente che i fondi che seguono questo approccio di investimento sono meno diversificati degli altri che non lo seguono, perché le azioni che pagano alti dividendi non sono così tante.

    Quindi da un lato compri azioni meno volatili – sottoscrivendo un prodotto come quello di Blackrock – dall’altra hai meno titoli in portafoglio e meno diversificazione.

  8. Filippo

    Orizzonte temporale lungo, lungo termine, ecc, ne sento parlare e lo leggo ovunque.
    Io personalmente non posso che dissentire. Nel lontano 2000 (quando giovane ee inesperto non seguivo nulla di persona e non capivo niente di investimenti) su consiglio ho comprato 300 mediaset a 16 euro, 5000 euro circa e poi non le ho più toccate, ho solo incassato i dividendi. Poi a inizio 2011 mi sono svegliato dal mio coma profondo finanziario ed ho guardato il mio deposito titoli
    12 anni sono un lungo termine direi, oggi mediaset vale 1,3 euro, il 90% in meno di allora e continua a scendere.

    oggi qualcuno potrebbe dire che 1,3 è un ottimo prezzo per mediaset e nel lungo termine ecc….

    ma purtroppo, anche comprando a 1,3 euro e tenendole 12 anni si può perdere ugualmente il 90%

  9. bob

    Quoto in toto

    chi ci giuadagna dalla politica del cassettista sono solo gli intermediari che prendono le commissioni…come hai detto bene te, l’unico modo per cercare di non essere presi alla sprovvista è il vecchio detto: chi fa da ne fa per tre…poi se dietro ci sono blog come questo che cercano in modo chiaro di fare capire un pò meglio le cose, l’operazione è tutt’altro che impossibile, ripeto, tutt’altro

    chiudo con una citazione che ho trovato illuminante credo di Keynes o Graham:
    nel lungo periodo… saremo tutti morti

  10. bob

    confermo Keynes

  11. Gluka

    Ciao Giacomo e grazie per le info, una curiosità: quando non ci sono utili il P/E ha ancora senso? Come si effettua il calcolo in questo caso?
    Grazie

  12. Giacomo

    @ Gluka
    Se non ci sono utili il P/E tende all’infinito. Mai investire in società che non stiano già generando profitti…

  13. Gluka

    Grazie mille, gentilissimo, anche se ce ne sarebbero di interessanti…

  14. Silvio

    Ciao Giacomo scusa una domanda, non mi sembra che sia già stata fatta precedentemente:
    Nell’articolo parli di un valore adeguato tra 15 e 22
    In un post giustamente dici che se il P/E è basso o nullo non ha senso investire
    Quando ha un valore molto alto cosa può significare (ed è molto alto da più mesi )?
    grazie
    Silvio

  15. Giacomo

    @ Silvio
    Ti ringrazio per la domanda. Un P/E alto indica che occorrono molti anni affinché il prezzo pagato per comprare il titolo sia “recuperato” attraverso gli utili. Un P/E di 40 , ad esempio, indica che ci vanno 40 anni per recuperare l’investimento attraverso gli utili… Ecco perché è un indicatore da monitorare con attenzione.

  16. Michele

    Ciao Giacomo, spero tu possa aiutarmi a chiarire il dubbio circa il calcolo del P/E. Ogni sito ha la sua metodologia, sia per il numeratore che per il denominatore. Chi calcola in NUM togliendo dal Net Income i Preferred dividends, chi toglie i cosiddetti “non recurrent Items”, ecc…
    Per non parlare del denominatore dove, in termini di shares outstanding, trovo numeri che non riesco a capire. Ad esempio per Apple, nel 2019, GuruFocus (e non solo, molti altri siti americani) riportano 1859565 outstanding shares….
    Insomma si puo´fare chiarezza su come calcolare sia numeratore che denominatore? Altrimenti, ad esempio, per quanto mi riguarda, dire che un P/E “normale” per una azienda di un certo settore, sia 15, non mi fornisce indicazioni, dal momento che ognuno lo calcola a modo suo.
    Grazie

  17. Giacomo

    @ Michele
    Infatti. Scegliere un investimento solo sulla base di un indicatore è fuorviante. Se ti serve aiuto per imparare ad investire, disponendo di un metodo e di indicatori semplici ma completi, ti consiglio i corsi di A Scuola di Investimenti. In essi troverai tutto ciò che ti serve per capire come impostare un piano personalizzato.

  18. Max

    A me quelli che criticano gli investimenti a lungo termine e portano ad esempio un investimento in un’azione della borsa italiana… fanno tenerezza 🙂
    Eppure su questo sito di materiale per farsi una cultura finanziaria gratis ce n’è tanto….solo che è più facile sparlare che studiare.

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