Fondi bilanciati: cosa sono, convengono e come investire

29 Aprile 2022

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Cosa sono i fondi bilanciati, a quali categorie appartengono e, soprattutto, conviene investirvi i propri soldi o si può fare di meglio?

Cosa sono i fondi bilanciati

I fondi comuni di investimento bilanciati appartengono alla categoria degli Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR). Si tratta di patrimoni autonomi e collettivi gestiti in modo professionale da un gestore che, nel rispetto del regolamento, cerca di massimizzarne la resa.

La partecipazione, da parte degli investitori, avviene attraverso la sottoscrizione di quote, previo il pagamento di una commissione di ingresso. Essi permettono al sottoscrittore di prendere posizione su un mix di mercati e strumenti finanziari attraverso l’impiego delle risorse “equilibrato” tra azioni ed obbligazioni.

I fondi della categoria, però, non danno ampia delega al gestore che tenderà comunque a mantenere inalterata la composizione del portafoglio muovendosi “marginalmente” intorno a valori di equilibrio che cambiano a seconda della sotto categoria di appartenenza.

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Dove investono

La politica di gestione varia a seconda del tipo di fondo. In particolare Assogestioni riconosce tre diverse tipologie di fondo bilanciato:

  • i Fondi Bilanciati Azionari: la cui quota di azioni oscilla tra il 50% e 90%;
  • i Bilanciati “standard” che investono in azioni una quota compresa tra il 30% ed il 70%
  • i Bilanciati Obbligazionari, la cui quota di capitale di rischio varia tra il 10% ed il 50%.

Esiste, tuttavia, un’altra classificazione proposta da Morningstar. Essa prevede, in breve:

  • i bilanciati prudenti, al cui interno prevale la componente obbligazionaria. Scopo di questi prodotti è la conservazione del capitale nominale e la minimizzazione della volatilità;
  • i moderati, la cui quota azionaria è contenuta;
  • gli aggressivi che, puntando ad una crescita maggiore del capitale investito, sono soggetti ad una maggiore volatilità.

I rischi

Un prodotto “misto” presenta un rischio maggiore rispetto ad un fondo monetario o obbligazionario, ma inferiore alla volatilità tipica di un prodotto azionario. In linea di massima il rischio si accompagna con la maggiore quota del patrimonio complessivo investita in azioni.

Tuttavia poiché parliamo di un comparto variegato il pericolo di scegliere il prodotto non in linea con le nostre esigenze è significativo. Possiamo “spaziare” da un prodotto che ha una fluttuazione di azioni tra il 10 ed il 50% ad uno la cui quota rischiosa oscilla tra il 30 ed il 70%.

In linea di massima tanto più ampia è la delega che si dà al gestore tanto più alto è il rischio che si corre. Eventuali scelte errate da parte di chi amministra il fondo avrebbero un impatto diretto sui guadagni finali.

A ciò si aggiunge la volatilità del prodotto, la cui quotazione può fluttuare in modo sensibile a seconda dell’andamento dei mercati finanziari sottostanti. Al fine di ridurre la possibilità di subire una perdita il periodo di investimento consigliato va da un minimo di 3 anni per i prodotti prudenti a 5-7 per i comparti più aggressivi.

I costi

Si tratta del tallone di Achille di questi prodotti. I fondi bilanciati, in breve, sono soggetti sia a commissioni di ingresso sia a costi di gestione piuttosto pesanti. In media l’investimento comporta un onere dell’1,50% l’anno, senza contare il balzello di ingresso.

Si tratta di oneri difficilmente recuperabili a causa della componente obbligazionaria presente, zavorrata dal basso livello dei tassi di interesse. Per rendere più redditizio e competitivo il comparto è auspicabile che le società di gestione riducano i costi a carico degli investitori.

La sottoscrizione dei fondi a mezzo piattaforme on line come Onlinesim o Fundstore permette l’azzeramento del costo di ingresso.

Conviene investire in fondi bilanciati?

Come tutte le soluzioni “intermedie” anche l’impiego in prodotti “misti” rischia di non mantenere le promesse. Sebbene il prodotto offra, in linea teorica, maggiori possibilità di manovra al gestore, questi tenderà a mantenere lo status quo. In parole semplici la quota azionaria ben difficilmente si allontanerà da quella intermedia, ossia il 30% per gli obbligazionari, il 50% per i “puri” ed il 70% per gli aggressivi.

Il rischio di offrire performance distanti da quelle dei competitor, nel bene e nel male, è un disincentivo per le società di gestione del risparmio che puntano a non discostare il rendimento dei propri fondi da quello della media.

Il nostro consiglio

Una volta stabilita la quota ottimale di azioni/obbligazioni da tenere in portafoglio, il nostro parere è quello di usare due ETF:

  • un azionario globale, che abbia come sottostante l’indice MSCI AC WORLD
  • un obbligazionario Euro, ad esempio con sottostante un indice Aggregato che investa sia in titoli di Stato sia in obbligazioni private.

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