Vantaggi e svantaggi degli ETF a gestione attiva

28 Luglio 2021

ETF gestione attiva

Gli ETF a gestione attiva sono il tentativo delle SGR di recuperare redditività? O sono strumenti utili all’investitore in cerca di guadagni?

Cosa sono e come funzionano gli ETF a gestione attiva

Gli ETF sono fondi passivi che replicano l’andamento di un determinato indice finanziario. Il loro obiettivo, in breve, consiste nell’eliminare il rischio che scelte di gestione non corrette portino ad un rendimento inferiore a quello dell’indice sottostante la strategia.

Oltre a ciò il basso costo dei cloni e la possibilità di comprarli e venderli in tempo reale fa degli stessi un alleato insostituibile dell’investitore consapevole. Chi è interessato a conoscere i migliori ETF in cui investire oggi potrà fare riferimento al servizio gratuito Backstage.

Gli ETF a gestione attiva, invece, cercano di offrire performance migliori rispetto a quelle degli indici sottostanti. Essi adottano una gestione quantitativo – algoritmica del portafoglio. Questi prodotti, in pratica, clonano indici finanziari costruiti secondo una metodologia attiva che cerca di “battere il mercato“.

Il loro vantaggio principale sta nel fatto che l’investitore può conoscere in anticipo la strategia di investimento, comprare e vendere gli ETF a gestione attiva in tempo reale e conoscerne sempre la composizione del portafoglio. Tuttavia se Jack Bogle, fondatore di Vanguard, li ha definiti “lupi travestiti da pecore” c’è qualcosa che il grande pubblico ignora.

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A chi convengono gli ETF gestione attiva?

i cloni di ultima generazione sono nati, anzitutto, per permettere agli emittenti di recuperare redditività. La crescita esponenziale degli ETF a livello globale, infatti, ha fatto uscire masse di denaro enormi dai fondi tradizionali. Le banche, dunque, si sono viste privare di una fetta importante di ricavi.

Ad esempio BlackRock, uno dei principali gestori di fondi al mondo, è presente sul mercato dei cloni con il marchio iShares. Ciò però non significa che per la casa sia indifferente vendere ETF o collocare fondi. Inoltre la concorrenza sul mercato dei cloni si è spostata sui prezzi. Questi sono talmente bassi da rappresentare un problema per le banche. Soprattutto se le stesse hanno “a catalogo” fondi molto più convenienti per loro. In questo caso, in definitiva, sono costrette a farsi concorrenza in casa.

La creazione degli ETF a gestione attiva, dunque, vuole porre rimedio a questa lacuna, vendendo un prodotto più redditizio dei cloni standard.

In altri termini gli ETF a gestione attiva nascono anzitutto come strumento di marketing. Grazie alla presunta sofisticazione delle loro strategie di portafoglio essi costano di più di un ETF standard. Inoltre poiché la metodologia di gestione è proprietaria essa è meno soggetta alla concorrenza sul prezzo.

In definitiva gli ETF a gestione attiva sono in gran parte da evitare. Meglio, invece, usare prodotti classici abbinati ad un ribilaciamento periodico dei pesi. Oppure seguire le indicazioni di esperti che usano al meglio i prodotti più efficienti per raggiungere rendimenti stabili. Chi vuole approfondire può fare riferimento a Backstage.

Esiste, tuttavia, una categoria di investitori cui gli ETF attivi possono convenire. Si tratta di persone che vogliono investire da sole usando tecniche quantitative non discrezionali. In breve si tratta di persone che hanno capito come l’ETF a gestione attiva sceglie i titoli sottostanti e sposano quel modus operandi.

La performance degli ETF attivi

Per ragioni di brevità ho paragonato due coppie di ETF. Il primo di ogni coppia è un prodotto standard, mentre il secondo è un ETF attivo di Franklin Templeton. Le aree geografiche esaminate sono Europa, Emergenti e Usa.

Sono consapevole del fatto che occorrerebbe un’analisi più approfondita per capirne la convenienza. Tuttavia questo studio superficiale sembra confermare quello che sosteniamo. In linea di massima gli ETF a gestione attiva non offrono reali vantaggi all’investitore.

Azioni europee

Il grafico che segue paragona l’ETF Amundi su MSCI Europe (ISIN LU1681042609) con il Franklin LibertyQ European Equity (ISIN IE00BFWXDW46):

ETF gestione attiva vs passiva - Europa

Senza entrare nel merito della strategia sottostante, è immediato constatare come la performance dei due prodotti sia praticamente identica.

La volatilità è praticamente la stessa. Infatti Il Franklin ha un valore di 17,32% contro il 17,47% di Amundi. Il drawdown è identico. Esso è pari al 33,65% per Franklin e al 35,12% per Amundi.

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Azioni emergenti

In questo caso il vincitore è l’ETF standard. Mentre l’ETF Franklin LibertyQ Emerging Mkt (ISIN IE00BF2B0K52) ha reso il 5,12% dal 2018 al 2021, l’iShares Core MSCI EM IMI (ISIN IE00BKM4GZ66) ha reso il 19,97%.

ETF gestione attiva vs passiva - emergenti

Il drawdown è stato identico. Esso ammonta al 33,06% per il Franklin e al 32,49% per iShares. La volatilità, per concludere, è paragonabile. Essa è del 13,54% per il Franklin e del 15,67% per iShares.

Azioni Usa

Anche in questo caso l’ETF attivo ha reso come quello passivo:

ETF gestione attiva vs passiva - Usa

Nel breve periodo di tempo in cui è disponibile, il Franklin S&P500 Paris Climate (ISIN IE00BMDPBZ72) ha reso il 41,07% mentre l’iShares Core S&P 500 (ISIN IE00B5BMR087) il 39,28%. La volatilità del primo è stata del 12,70% contro il 12,12% dell’ETF a gestione attiva.

Infine il drawdown è praticamente identico. Esso è dell’8,48% per il Franklin attivo e dell’8,10% per iShares passivo.

Conclusioni

Investire in ETF a gestione attiva ha senso se si conosce con precisione la strategia sottostante. È particolarmente importante conoscerne i punti deboli e i punti di forza. Occorre inoltre capire bene se i maggiori costi dei prodotti attivi siano giustificati o se, invece, rappresentino un inutile fardello per le performance.

L’investitore consapevole farà bene a evitare, fuori da queste ipotesi, gli ETF attivi per restare sui prodotti tradizionali.

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