Bond argentini, default, inadempienze e risarcimento del danno

18 Novembre 2019

bond argentini

I bond argentini hanno travolto i risparmi degli italiani, vittime di ripetuti default a partire dal 2001. Ma grazie alla violazione di obblighi informativi da parte delle banche ottenere il risarcimento è più semplice.

Articolo aggiornato il 23 novembre 2021

L’investimento in tango bond

La vicenda dei titoli argentini iniziò nel 1996 quando alcune banche internazionali acquistarono il debito della Repubblica. Negli anni successivi, in particolare tra il 1998 ed il 2001, le obbligazioni finirono nelle tasche degli investitori italiani, coinvolti in seguito nei vari default.

La ricerca di rendimenti molto alti si rivelò un bagno di sangue, a causa delle perdite subite negli anni successivi.

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La triste storia delle obbligazioni argentine

La vicenda, che ha coinvolto mezzo milione di famiglie italiane, culminò con il default del dicembre 2001. A partire da tale data, in breve, la Repubblica smise di pagare le cedole sui titoli in circolazione chiedendo al contempo una moratoria sul capitale.

Nel gennaio 2005 arrivò la prima proposta di ristrutturazione. Essa prevedeva il taglio del 70% del valore dei titoli, con un piano di rientro della durata di trent’anni. Le cedole, rinegoziate, prevedevano tassi bassissimi. Il 76% dei risparmiatori accettò l’offerta, che divenne valida.

100.000 investitori preferirono tentare la via del maxi ricorso arbitrale, grazie all’intervento della TFA, presieduta da Nicola Stock. La Task Force Argentina, di emanazione bancaria, mirava all’ottenimento di condizioni migliorative rispetto a quelle proposte in origine da Buenos Aires.

Altri, invece, hanno messo in mora la propria banca, per interrompere la prescrizione, tentando poi una causa civile contro l’intermediario. Grazie all’inadempimento precontrattuale di quest’ultimo, molti risparmiatori hanno ottenuto il risarcimento integrale delle somme investite già con un giudizio di primo grado.

Bond argentini: come ottenere la liquidazione del danno

La chiave di volta che ha permesso il recupero delle somme investite sta nella non palesata rischiosità dell’investimento. I bond, infatti, dovevano essere riservati ai soli investitori istituzionali a causa degli elevati rischi che comportavano.

Quella che segue è una disamina dei campanelli di allarme e delle normative violate che hanno permesso agli avvocati di ottenere giustizia per i loro assistiti.

Il rating in costante peggioramento

Nelle pieghe del documento di Offerta di Scambio approvato dalla Consob in data 30.12.2004 si legge, a pagina 50:

“Dall’ultimo trimestre del 1998 l’Argentina è stata colpita da una grave recessione economica, causata da diversi fattori sia esterni sia interni. In particolare, la crisi economica è stata causata da una serie di eventi straordinari di origine esterna verificatisi tra l’ultimo trimestre del 1997 e l’autunno del 2001 (…)”.

Il medesimo fascicolo evidenzia come la situazione creditoria del Paese fosse in costante peggioramento.

Servizi-Segreti Bancari

ll 2 ottobre 1997 l’agenzia Moody’s attribuiva al debito argentino una valutazione Ba3 (valutazione rimasta stabile fino al 20 agosto 1999). A partire da tale data il rating è andato via via peggiorando. Esso è passato alla categoria B1 il 6 ottobre 1999, poi a B2 (20 marzo 2001 e 4 giugno 2001), a B3 (13 luglio 2001) e infine a Caa1.

Un percorso analogo fu seguito da Standard & Poor’s. Qui di seguito i livelli di rating attribuiti negli anni con le rispettive date:

  • BB- (20.08.1999)
  • BB (6.10.1999 e 15.09.2000)
  • B (8.05.2001)
  • B- (12.07.2001)
  • CCC+ (9.10.2001).

A partire dal 1999, in sintesi, le difficoltà del Paese erano “scontate” da rating in costante deterioramento, fino ad arrivare a BB- nel marzo del 2001.

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La normativa di riferimento

Una breve esamina della normativa finanziaria di riferimento delinea il quadro al cui interno la faccenda si è svolta. La violazione di norme di legge e di regolamenti rappresenta, infatti, il presupposto per la liquidazione del danno.

Fonti primarie

Secondo quanto disposto dal Testo Unico della Finanza, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, la situazione è chiara. Le banche, a livello precontrattuale, devono acquisire informazioni in merito all’esperienza in materia di investimenti e valutare l’adeguatezza delle proposte in base alla situazione del cliente:

«Nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono:
a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati;
b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;
c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;
d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l’efficiente svolgimento dei servizi;
e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati […]»

Fonti secondarie

Inoltre in molti casi risulta violato il disposto del Regolamento Consob n. 11522 del 1 luglio 1998 che agli articoli 27, 28 e 29 stabilisce quanto segue:

«Articolo 27 (Conflitti di interessi)
1. Gli intermediari autorizzati vigilano per l’individuazione dei conflitti di interessi.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore sulla natura e l’estensione del loro interesse nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione. […]
3. Ove gli intermediari autorizzati, al fine dell’assolvimento degli obblighi di cui al precedente comma 2, utilizzino moduli o formulari prestampati, questi devono recare l’indicazione, graficamente evidenziata, che l’operazione è in conflitto di interessi.

Articolo 28 (Informazioni tra gli intermediari e gli investitori)
1. Prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal contratto di cui al successivo art. 30, ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore;
b) consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui all’Allegato n. 3.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.
[…]

Articolo 29 (Operazioni non adeguate)
1. Gli intermediari autorizzati si astengono dall’effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli intermediari autorizzati tengono conto delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.
3. Gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Qualora l’investitore intenda comunque dare corso all’operazione, gli intermediari autorizzati possono eseguire l’operazione stessa solo sulla base di un ordine impartito per iscritto […]».

La responsabilità dell’intermediario

Molte banche non hanno effettuato tutte le verifiche, proponendo a cuor leggero i Tango Bond ad ignari risparmiatori.

Ecco, in breve, le lacune che permettono la richiesta del risarcimento:

  • molti investitori avevano una propensione al rischio bassa o media. Ciò è incompatibile con la rischiosità dei titoli argentini;
  • la cifra investita nei titoli era eccessiva rispetto al patrimonio complessivo, mancando così di diversificazione. L’operazione non era adeguata alla situazione patrimoniale del cliente;
  • l’intermediario non aveva palesato al cliente la possibilità di perdere per intero il capitale, né aveva ricevuto il via libera da quest’ultimo;
  • la scheda informativa del titolo era incomprensibile per la maggior parte dei clienti, a causa dei termini eccessivamente tecnici.

L’orientamento della giurisprudenza

La Corte di Cassazione (Sez.I 17.02.2009 n.3773), nel precisare le norme di condotta dell’intermediario finanziario, ha ribadito che lo stesso deve provare l’avvenuto adempimento delle specifiche obbligazioni poste a suo carico e di avere agito con la specifica diligenza richiesta.

La Corte di Appello di Venezia, con sentenza n. 1561 del 7 aprile 2019 ha dato ragione a due pensionati veneti che nel 1998 avevano sottoscritto i bond argentini senza aver ricevuto tutte le informazioni utili a valutarne i rischi.

L’ottenimento del rimborso

Alla luce di quanto visto appare chiaro che l’intermediario avrebbe dovuto astenersi dal proporre i titoli in questione a soggetti con una bassa o media propensione al rischio. Inoltre la banca avrebbe dovuto dire espressamente al cliente che l’investimento avrebbe comportato la possibile perdita integrale del capitale.

Il peggioramento continuo del rating, infatti, dimostrava in modo inequivocabile che il Paese sudamericano stava attraversando una crisi gravissima che ne avrebbe minato la solvibilità. Se la banca non è in grado di produrre un documento scritto, e controfirmato dal cliente, in cui questi accetta il rischio è inadempiente.

La responsabilità ricade pertanto sull’intermediario finanziario e si aprono buone prospettive per il risarcimento del danno. Occorre, però considerare i costi di una causa civile, che rendono la stessa inidonea se le cifre in questione sono di modesta entità.

Think different. Invest differently.

Giacomo Saver – CEO SegretiBancari