
La crescente preoccupazione per il debito pubblico francese sta generando significative turbolenze sui mercati finanziari, un tema che gli investitori non possono ignorare. L’Europa sembra confrontarsi con una potenziale nuova crisi del debito sovrano, simile a quella del 2011, e questa volta è la Francia, uno dei pilastri dell’Unione Europea, a trovarsi sotto osservazione.
Il segnale d’allarme dalla Francia
Il campanello d’allarme è stato suonato direttamente dal primo ministro francese che ha pubblicamente ammesso l’esistenza di un problema di sovraindebitamento per la Francia nel lungo e lunghissimo termine. Tale dichiarazione, un elemento inedito per un paese storicamente considerato solido, ha innescato immediate e forti reazioni sui mercati.
Gli effetti sono stati tangibili:
- Il titolo di stato francese a 50 anni ha subito un forte calo di prezzo, con un conseguente aumento del rendimento fino al 4,50%, un valore che non si registrava da 11 anni.
- Le tensioni si sono estese ad altri mercati: i Gilts britannici hanno raggiunto il rendimento massimo dal 1998 (5,60%), mentre i nostri BTP decennali italiani sono risaliti al 3,70%.
- L’attuale classifica dei rendimenti governativi vede in testa Italia, Francia, Spagna e Portogallo. L’inclusione della Francia in questo gruppo, un tempo associato a economie percepite come meno solide (“PIGS”), indica un profondo cambiamento strutturale nel mercato obbligazionario.
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I fattori che guidano i mercati obbligazionari a lungo termine
È fondamentale comprendere che l’andamento dei titoli a lunga scadenza non dipende unicamente dai tassi ufficiali delle banche centrali, il cui intervento è più efficace sulla parte breve della curva dei rendimenti. I fattori di maggiore impatto sono due:
- Dichiarazioni politiche e sentiment degli investitori: la percezione di una potenziale instabilità, anche in assenza di un rischio immediato di insolvenza, spinge gli investitori a esigere un premio per il rischio più elevato. Questo si traduce in un aumento dei tassi di mercato, penalizzando in particolare i titoli a lunga scadenza.
- Il ritorno dell’inflazione: nel ventennio 2000-2020, i titoli pubblici hanno beneficiato di un contesto di tassi in calo e inflazione prossima allo zero. Con il ritorno di un’inflazione strutturalmente più alta, il rendimento complessivo degli investimenti obbligazionari tornerà a essere trainato prevalentemente dalle cedole, e non più dai guadagni in conto capitale derivanti dall’apprezzamento dei titoli.
Errori comuni e i rischi dei “Matusalemme Bond”
Nella ricerca di rendimenti più elevati, molti investitori hanno esteso eccessivamente la duration dei propri portafogli, acquistando obbligazioni a lunghissima scadenza, note come “Matusalemme bond” (ad esempio, il titolo Austria 2100). Questi strumenti finanziari sono caratterizzati da un’elevata sensibilità alle variazioni dei tassi: la loro scadenza estremamente lunga agisce come una leva finanziaria, amplificando sia i guadagni in caso di discesa dei tassi, sia le perdite in uno scenario di tassi stabili o crescenti.
La percezione che l’investimento in titoli di stato sia semplice è fuorviante. Il mercato obbligazionario è un settore altamente tecnico, la cui complessità, se non compresa appieno, può portare a commettere errori significativi.
Strategie di gestione del portafoglio nell’attuale contesto
In un contesto caratterizzato da un debito globale in aumento e da spread ridotti tra titoli privati e pubblici, è essenziale adottare strategie di investimento oculate. Di seguito, vengono delineate 5 linee guida operative.
1. Diversificazione geografica del portafoglio
È un errore concentrare il proprio portafoglio obbligazionario sui soli BTP. La diversificazione geografica è un principio fondamentale per la mitigazione del rischio. È opportuno costruire un portafoglio che includa un mix di titoli di stato di diversi paesi, come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Germania.
2. Controllo rigoroso della duration
Data la loro vulnerabilità alle turbolenze sui tassi, l’esposizione a titoli a lunga scadenza deve essere gestita con prudenza. Si consiglia di limitare la duration complessiva del portafoglio a un orizzonte di 7-10 anni, evitando strumenti a scadenza ultra-lunga che espongono a rischi non adeguatamente remunerati.
3. Selezione attenta dei corporate bond
I corporate bond con rating investment grade (superiore a BBB) possono rappresentare una valida componente di portafoglio. È tuttavia consigliabile evitare scadenze eccessivamente lunghe e l’esposizione a strumenti in valuta estera (es. dollaro). Attualmente, i differenziali di rendimento (spread) rispetto ai titoli governativi sono compressi, riducendone l’attrattiva relativa, anche in considerazione di una tassazione superiore (26%).
4. Esclusione delle obbligazioni ad alta volatilità
È opportuno evitare segmenti del mercato obbligazionario particolarmente volatili e a rischio, come i fallen angels, gli high yield e i titoli dei mercati emergenti, soprattutto se denominati in dollari, poiché sarebbero i più esposti in caso di un’escalation delle tensioni sul debito.
5. Considerare un aumento dell’esposizione azionaria
Sebbene possa apparire controintuitivo, in determinate condizioni di mercato il comparto azionario può presentare un profilo di rischio inferiore a quello obbligazionario. Come teorizzato da Harry Markowitz con la sua frontiera efficiente, l’inserimento di una componente azionaria (es. 30%) in un portafoglio obbligazionario può contribuire a ridurne il rischio complessivo.
In conclusione, la gestione del portafoglio obbligazionario nell’attuale scenario di mercato richiede un approccio basato su principi di cautela, diversificazione e un rigoroso controllo della duration.
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